martedì 11 agosto 2015

Il Grande Esperimento

Boston, 11 agosto 1754. Dopo una giornata torrida, verso il tramonto neri cumulonembi si addensarono proprio sul parco della villa di Benjamin Franklin.
Al Geniale Scienziato bastò lanciare un'occhiata fuori dalla finestra, oltre le tendine di pizzo amorosamente stirate dalla moglie Deborah, per capire che in quel momento il Cielo, la Terra e il Fato lo stavano chiamando. Era il Momento Perfetto per il Grande Esperimento.
Uscito in canottiera e pantofole, incurante della pioggia imminente e dell'etichetta, Franklin corse alla stalla, privando del primo sonno la sua cavallina Storna; non c'è pace a casa di un genio.
Lo scienziato si diresse deciso al suo deposito, e per qualche minuto lo si sentì rovistare. Poi ne uscì trascinando faticosamente con sé: una lunga scala a pioli, una matassa di filo di rame, una piastra di ferro di 7 libbre, una cesta piena di indumenti, un piccolo tavolo di legno.
"Una bella carica!", commentò Storna.
"Una bella carica, sì! Brava Storna, è proprio quello che ci vuole!", le rispose Franklin compiaciuto, mentre usciva.
I lampi squarciavano il cielo sempre più vicini e minacciosi, mentre il Poliedrico saliva sul tetto della villa, annodava l'estremità del filo di rame sul comignolo più alto e discendeva veloce, srotolando il conduttore fino a terra.
In quel momento un lampo si abbatté sul platano del vicino Mc Queen, che si incendiò. (Il platano, non il vicino).
"Ah, se solo potessi asservire ai miei scopi tutta codesta Forza!", pensava l'Acutissimo mentre prendeva un indumento dalla cesta e lo stendeva con cura sul tavolo di legno, indi su di esso posava la piastra di ferro di 7 libbre.
Un altro fulmine colpì allora l'alto pioppo cipressino del vicino Burberry, che si incendiò. (Ma qui le fonti non sono chiare).
"Presto, presto!", farfugliava il Genio mentre con mani tremanti annodava la seconda estremità del filo alla piastra di ferro di 7 libbre.
"Ecco, ci siamo!", gridò Franklin indietreggiando di qualche passo, non tanto per prudenza, quanto per poter osservare meglio il tavolo del suo Grande Esperimento.
Il cielo già scuro era greve d'una tensione minacciosa eppure tremendamente vitale, che pareva estendersi alle cime degli alberi, alle altane e agli abbaini, ai pali sporgenti da frutteti e covoni, alle punte dei capelli e delle dita, fin dentro ai pensieri e alle opere degli uomini.
Ed ecco, l'attimo terribile! Lampo e tuono insieme, insieme forza cosmica e spavento, luce accecante e fatale sussulto. Il fulmine fu imbrigliato dal filo di rame sul comignolo della casa, lo percorse in un tempo infinitesimo, giunse alla piastra di ferro di 7 libbre e lì diffuse la sua ineffabile potenza.
Il tempo di un respiro, per riprendersi dal tremore; poi Franklin si precipitò al tavolo per verificare l'esito dell'esperimento. Proprio allora cominciò a piovere a dirotto.
"Che cosa avete combinato, questa volta?", gli chiese la Gentile Consorte quando lo vide rientrare mezz'ora dopo, completamente inzuppato e dall'aria affranta. Recava in mano il frutto del Grande Esperimento, ovverosia una polo di Ralph Lauren semimuova, trapassata da due enormi fori a forma di piastra di ferro da 7 libbre.
"Deborah cara, oggi è un giorno triste per la Scienza. Se fossi riuscito a immagazzinare l'energia e scaricarla lentamente, avrei potuto fare anche tutta la cesta e forse anche le tue tendine. Ma così...", e scosse il capo.
"Mia diletta - soggiunse gravemente -, il mio Parafulmine da Stiro non funziona".
Ciò detto, porse alla cara Deborah i resti della polo e si avviò mesto allo scalone. Saliti pochi gradini, si arrestò.
"Ah, dimenticavo", disse alla Consorte, che lo ascoltava allibita ma paziente.
"Domattina bisognerà informare il Signor Ralph Lauren che la sua polo non è più".

Nessun commento:

Posta un commento